Dopo diversi secoli, il primo a rivelare l’esistenza di un santuario dedicato a Minerva sul Monte Castelòn fu l’erudito veronese Giovanni Girolamo Orti Manara, che, sulla scorta delle notizie antiquarie e dopo accurate ricerche condotte di persona nel circondario, diede avvio nel 1835 a una campagna di scavi sulle pendici orientali dell’altura.

La presenza di grandi quantità di terra e di grossi massi rese assai difficile l’impresa, che si concluse con un esito fortunato: furono infatti portati alla luce non solo i resti dell’edificio templare di età imperiale, ma anche una serie di iscrizioni sacre dedicate a Minerva. L’importante scoperta fu pubblicata l’anno seguente in una rivista specialistica, il “Bullettino dell’Instituto di corrispondenza archeologica”; al pittore mantovano Giuseppe Razzetti fu affidato il compito di documentare le strutture e i reperti, che vennero riprodotti in disegni e tavole oggi conservati presso la Biblioteca Civica di Verona. In seguito alla riscoperta di Orti Manara, il sito subì nuovamente una fase di abbandono: il terreno venne riconvertito ad uso agricolo tramite la costruzione di terrazzamenti (marogne).